Quelle esposte in “Lavoro contadino e paesaggio agrario: le fotografie di Mario Giacomelli nel Museo Anselmi” sono foto che fanno emergere la perfetta fusione tra i soggetti delle fotografie e i temi dei quali si occupa il Museo.
Raccontano infatti il processo di trasformazione che negli anni Cinquanta-Settanta si era verificato in gran parte del territorio agricolo non solo marchigiano, messo a confronto con fotografie che documentano l’epoca dei grandi lavori in una campagna senza macchine ma piena di uomini, donne e animali.
Consapevolmente Giacomelli aveva affidato le sue foto ad Anselmi, storico della regione e della sua agricoltura, perché entrambi comprendevano quanto quelle immagini fossero un apparato documentario significativo per degli studi di storia della regione e per un Museo che quella storia sapeva illustrare. “Il primo tornava in anni successivi a fotografare gli stessi luoghi per lasciare un documento – fa notare la professoressa Ada Antonietti, direttrice del Museo Anselmi e curatrice di mostra e catalogo, al quale ha collaborato con un breve testo anche Simone Giacomelli - prima che i segni della terra andassero persi «per la relativa durata nel tempo» e affidava al secondo, professore di Storia economica, storico della regione e della sua agricoltura, le sue fotografie perché aveva capito che il professore avrebbe saputo dar voce alle sue immagini, che narravano le trasformazioni del territorio regionale all’indomani della crisi della mezzadria”.
Un racconto attraverso oltre 50 fotografie, alcune esposte per la prima volta, affidate da Giacomelli ad Anselmi all'indomani dell'apertura del Museo, nel 1978, che vengono presentate con una nuova disposizione, proposta appositamente per “M'arcord Mario”. Nove immagini di paesaggio agrario (1955-1977) già inserite dallo storico Anselmi in un famoso articolo sulla rivista di Storia economica “Proposte e ricerche” (1978), aprono il percorso di visita nel Chiostro, accompagnate dai commenti da lui scritti per quella occasione. Si prosegue all’interno con altre fotografie che vanno dal paesaggio agrario (1955-1978) al lavoro contadino (1968) in un grande podere del Senigalliese, con il suggestivo falciatore con falce fenàra o con la faticosa formazione del pagliaio che coinvolge molte donne, fino a incontrare l’uccisione del maiale (serie “Contadini”, 1968), spettacolo al quale assiste perplesso anche un bambino, che per un attimo smette di giocare con la fionda. Il progetto di allestimento è di Giuliano De Minicis.
di Redazione Marcheinfesta