Presentazione spettacolo dell'autore Alfredo Barbizzi.
“Il monologo teatrale “La storia grottesca di un paziente qualunque” nasce dalla vera storia dell’autore come paziente, e viaggia in sinergia con il libro omonimo. In esso sono stati citati alcuni aneddoti vissuti durante la lunga malattia.
Quest’opera teatrale, nella sua unicità di linguaggio, nei suoi tempi a volte non tipicamente teatrali, nel suo universo di dolore, di grottesca ironia, di sarcasmo, vuole mandare un messaggio di come può essere la vita di un paziente terminale, che da un istante all’altro viene proiettato in un universo di paure e di confusione, dove l’unica certezza è il suo respiro. Ma vuole essere anche una denuncia aperta e non polemica su come il corpo medico e paramedico, se non istituzionale, si confronta con il paziente.
Si mettono in evidenza le emozioni e le sensazioni emerse in alcuni tipi di esami, con il ritmo incalzante nel quale devono essere fatti e di come il paziente può viverli.
Il monologo si sofferma sul difficile e travagliato cammino verso la salvezza, alla ricerca della struttura e della cura che possano garantire un minimo di speranza e su come il paziente si aggrappa a questa speranza pur non conoscendone il volto.
Un percorso psicologico di una entità persona, che da maschile razionale e distaccata, si trasforma lentamente, addolcendosi fino al punto di toccare l’universo femminile. Solo allora si unifica e tira le somme.
Ne esce una ultima parte avvolgente come le mani di una madre, nella quale si possono cogliere spunti importanti e universali.
Il monologo è rivolto al cittadino qualunque, alle istituzioni pubbliche, alle associazioni di categoria, alle associazioni che operano nel sociale.”
Alfredo Barbizzi
Recensione spettacolo di Martina OddiAlfredo Barbizzi racconta con le parole di Cristiana Castelli le grottesche vicissitudini che lo accompagnano durante la drammatica esperienza che lo porta a vivere una terribile malattia come un caso ridicolo del destino. Non è solo l’umiliazione di visite mediche indiscrete e crude. Non è solo la sofferenza struggente. Non sono solo le cure, che somigliano più al veleno. E’ la consapevolezza indelebile che i valori della vita cambiano mentre ci accorgiamo che essa sta volando via. Intorno al coraggio con cui l’autore risponde alla beffa del destino, l’ironia di un occhio vigile sulle contraddizioni del sistema e l’imbecillità degli esseri umani che popolano il mondo della sanità.
Uno stile colorato e dotto - e un look d’altri tempi - per raccontare le peripezie del caso, dalla scoperta della malattia fino all’inevitabile decisione di non sottrarsi alla responsabilità di noi stessi. Perché allontanarsi con atti eccessivi dalla propria natura è una violenza senza pari. Nel viaggio dalla terra natia che lo avvolge come una culla alla dotta Bologna, dove sotto archi e archetti le scienze declamano le loro sentenze, l’odissea del protagonista si conclude solo quando, nauseato, decide di abbandonare le cure in un moto di dignità estrema e a lungo violata. Un’interpretazione commovente e a tratti scioccante che sancisce, in modo violento e senza appello, l’inestimabile valore della vita.
Martina Oddi
di cristiana castelli